Il mondo al contrario

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Se il grande Alessandro Manzoni fosse vissuto ai giorni nostri e avesse deciso di pubblicare il suo “Promessi Sposi” in queste ore di canicola ferragostana non avrebbe avuto neanche un decimo dell’interesse suscitato dall’imprevisto libro di un generale molto positivamente noto nel suo mondo e anche tra il grande pubblico maggiormente informato. “il mondo al contrario” di Roberto Vannacci (con “contrario” scritto al contrario, appunto) ha conquistato la prima pagina dei giornaloni sdegnati di tanta protervia e quindi all’unisono si chiedono se un servitore dello stato, e quindi percettore di tasse, per quanto bravo e meritevole, abbia il diritto di pensare e addirittura dire qualcosa. “Un militare deve obbedire non scrivere libri” è la prima ovvia obiezione che viene sparata a palle incatenate dagli stessi giornaloni che hanno chiuso tutti e due gli occhi quando i giudici (anch’essi servitori dello stato e quindi percettori delle nostre tasse) hanno utilizzato il proprio potere per scopi ancora non limpidissimi ma che nulla avevano a che fare con il loro servizio verso la collettività. Il contenuto del libro in altri momenti sarebbe passato inosservato tanto è pieno di ovvietà da sempre scontate nella nostra società. Oggi invece la maggioranza della popolazione pensa in maniera aderente alla propria cultura di provenienza senza però avere nessuno che se ne assuma la rappresentanza in sede istituzionale; e quindi sentire uno che parla dei “normali” fa sensazione. Al contrario le infinite minoranze vengono cercate e spesso inventate per creare sensi di discriminazione (il più delle volte ipotetica) e quindi bisogno di difesa ed assistenza.. e cioè si creano “diritti”. Questa diviene così la parola magica che induce le tante minoranze ad unirsi nella creazione e difesa di questi nuovi “diritti”.Così un militare che passa per essere un tipo coraggioso e pure vincente che quindi è uno che non si vende facilmente, che dice quelle cose che da decenni vengono sottaciute e certamente non rappresentate nell’agone politico, ha rappresentato un sasso nello stagno che ha spaventato gli “innovatori”. La questione delle abitudini sessuali sempre pronta ad essere posta al centro del dibattito politico; l’altra del colore della pelle; il concetto di ” normale” contrapposto a quello di minoranza; la questione della genitorialità; e tanto altro ha fatto sobbalzare sulla sedia i creatori di opinione il cui mestiere è quello di far pensare alla gente quello che serve ai loro padroni. La coralità della critica unita alla pretestuosità evidente e alla distorta interpretazione attribuita alle varie frasi prese ad esempio fa credere che il pensiero politicamente corretto ha avuto veramente paura che qualcuno possa dare alla maggioranza silenziosa quell’orgoglio di se che gli si sottrae ogni giorno; orgoglio che invece le minoranze cercano di ostentare proprio per perdere una diversità che non si vuole accettare e che si vuole omologare nel solito: “siamo tutti uguali”. Non vogliamo entrare nel merito dei singoli argomenti che certamente saranno ragione di riflessione e di valutazione per ogni singolo lettore e singola coscienza, ma questo esempio dice chiaramente che è in essere una lotta che non si sa da chi è voluta e perchè , ma che dura da anni e che sembra voler distruggere le singole identità non solo collettive ma anche individuali. Una lotta subdola dove le minoranze sono superappresentate (alcuni parlano di lobby) mentre la maggioranza si vuole che anneghi nel silenzio. Alimentando l’astensionismo elettorale e infinite associazioni e gruppi di opinionisti. Se la politica non prende atto di questa realtà e lascia che le singole parti della società si arrangino da sole per difendere i vari interessi e varie culture in gioco, saranno i cittadini a fare da soli perché non è pensabile che le varie culture accettino di cassare ogni segno del passato e del presente per accettare supinamente un livellamento egualitario privo di senso. Livellamento egualitario già bocciato dalla storia e dall’economia quando si chiamava comunismo. CANIO TRIONE

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