Un nuovo dispositivo ibrido, elettronico e fotonico, permette di studiare l’attività delle cellule del cervello in maniera molto precisa e al contempo minimamente invasiva, grazie all’applicazione combinata di una sonda ottica e di micro-elettrodi in grado di registrare il segnale cerebrale.
Lo strumento integrato è frutto della decennale collaborazione tra il Center for Biomolecular Nanotechnologies dell’Istituto Italiano di Tecnologia (CBN-IIT) di Lecce, l’università del Salento e la Harvard Medical School (HMS) di Boston, ed è stato validato da una ricerca coordinata da Ferruccio Pisanello, Massimo De Vittorio e Bernardo Sabatini, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati su Nature Materials, una delle riviste scientifiche internazionali più rilevanti nel settore delle scienze dei materiali.
«I ricercatori del team internazionale hanno ideato una tecnologia che permette di leggere e controllare l’attività del cervello sia tramite luce sia mediante accoppiamento elettrico», spiega l’ateneo di Lecce in una nota. «Questo tipo di dispositivi ibridi (elettronici e fotonici) crea dei canali di comunicazione con il cervello, permettendo uno studio accurato dell’interazione tra gruppi di cellule neuronali anche in zone non accessibili con le tradizionali tecniche di indagine neuroscientifica», prosegue.
«Il dispositivo consiste in un sottilissimo ago di vetro, più sottile di un capello, attorno al quale è stato realizzato, grazie a un’innovativa tecnica di micro fabbricazione, un circuito elettrico. L’ago ha la funzione di trasmettere i segnali ottici alle cellule nervose al fine di stimolarle, mentre il circuito elettrico, nel quale sono inseriti dei micro-elettrodi, riesce a leggere e registrare il segnale generato nelle stesse cellule colpite dal fascio ottico, o in quelle a loro direttamente connesse», va avanti l’ateneo.
«Gli elettrodi accoppiati alla sonda permettono di registrare il segnale neuronale con una definizione spaziale molto alta, addirittura a livello di singolo neurone. A differenza di altre sonde in cui luce e elettrodi sono accoppiati, in questo la luce non va a interagire sul circuito elettrico: non si riscontra, il fenomeno conosciuto come rumore foto-elettrico e il segnale registrato è molto più pulito», conclude l’università del Salento.
La ricerca è stata finanziata nell’ambito di progetti finanziati dall’Unione Europea (Modem, NanoBright, Deeper e In Depth) e dai National Institutes of Health degli Stati Uniti.