Immigrazione: in Puglia 30mila romeni residenti, 16.500 gli occupati

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Quasi 30mila i cittadini romeni residenti in Puglia nel 2020, 16.500 gli occupati. È quanto emerge dalla ricerca ‘Radici a metà. Trent’anni di immigrazione romena in Italia realizzata dall’Istituto di Studi Politici San Pio V e dal Centro Studi e Ricerche Idos presentata oggi a Bari dalla Cgil Puglia.

I romeni residenti sono il 22% della comunità straniera, di cui 3.500 studenti. Quanto al reddito medio è pari a 7mila euro l’anno. Risulta pari a 30 milioni di euro il totale delle rimesse inviate in Romania con una media di mille euro a persona, il doppio di quella italiana.

«Dobbiamo garantire a tutti i cittadini stranieri residenti da noi condizioni dignitose di vita e lavoro», ha detto il segretario generale della Cgil Puglia Pino Gesmundo. «Ed è il compito in cui siamo impegnati come Cgil in collaborazione con le istituzioni locali. Pensiamo ai programmi di prevenzione e formazione sulla sicurezza sul lavoro ma c’è ancora molto da fare, a partire dal contrasto a lavoro nero, grigio e al caporalato che ancora imperversano in agricoltura ed edilizia».

Nel panorama regionale è nella provincia di Foggia che si registra la maggiore presenza con oltre 10mila residenti romeni, pari al 35,9%: «Al riguardo è indiscutibile il ruolo di calamita svolto dal settore agricolo della Capitanata», si legge nel rapporto. «Con poco più di 4mila presenze ciascuna seguono le province di Bari (15,1% dei romeni residenti in regione), Lecce (14,3%), BAT e Taranto (entrambe con il 13,8%). Chiude la graduatoria regionale la provincia di Brindisi con la metà di presenze rispetto alle precedenti province, circa 2.100, pari al 7,1%.All’interno della collettività romena di Puglia, la componente femminile risulta sensibilmente sovradimensionata rispetto al livello nazionale: 62,3% rispetto al 57,6%. Si tratta di quasi 5 punti percentuali in più, che diventano quasi 20 nella provincia di Lecce e 15 in quella di Brindisi, dove la componente femminile raggiunge rispettivamente un’incidenza del 76,9% e del 72,5%».

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