La pandemia prima ed ora la crisi ucraina hanno mostrato il fallimento completo di un modello capitalista basato sull’alto profitto che negli anni ha alimentato solo divari e disuguaglianze allargando la forbice sociale-economica.
In questo clima di tensioni, di rivendicazioni e di schieramenti è opportuno riappropriarsi della “mediterraneità”.
La nostra millenaria cultura mediterranea che deve il suo nome al Mediterraneo -un mare dentro tanti mari- che in passato ha creato unione tra i paesi in un ambito multiculturale nel rispetto delle diversità dei popoli e dei loro territori.
La crisi pandemica aveva già lanciato segnali di necessario rinnovamento ma ora con i venti di guerra non si può più rimandare infatti è arrivato il momento di ridare centralità alla persona umana con i suoi diritti e doveri, di ridare centralità all’ambiente con l’uso mirato e razionale delle fonti rinnovabili, di realizzare uno sviluppo sostenibile attraverso una democrazia che sia inclusiva e non esclusiva.
Perché invece di ostacolare non iniziamo a promuovere, a valorizzare e ad agevolare l’uso delle energie rinnovabili-di cui il nostro Mezzogiorno è ricco -segnando la fine della dipendenza dalle fonti fossili?
Antonella Cirese.