Ormai molto tempo fa era possibile -specie in estate- sul lungomare di Bari incontrare le fornacelle che arrostivano gli involtini di interiora di agnello; adesso quello si chiamerebbe street food e attirerebbe milioni di turisti a sperimentare questa specialità locale. Poi alcuni sindaci hanno ritenuta questa una cosa disdicevole e sono riusciti a sostituirli con orribili mezzi motorizzati attrezzati per panini e cose simili. Hanno tentato anche di mettere fuori legge le signore che creano le orecchiette nelle strade della città vecchia ma non ci sono riusciti, per fortuna.
Invece a “Bari nuova” tutto il tradizionale commercio barese non esiste più! Tranne alcuni negozi, in via Sparano troviamo solo nomi nazionali e internazionali al posto dei commercianti baresi; non ne parliamo di via Manzoni e le altre strade. Adesso anche la proprietà di questi immobili passa di mano. Emblematico il caso del Palazzo Mincuzzi. Acquistando quel Palazzo è stato acquistato un brand della nostra città che da solo vale più di quanto sia stato pagato; e acquistando quel Palazzo è stato acquistato anche un monumento fotografato dai turisti che solo per questo ha un valore elevatissimo; poi vi sono anche i metri quadri di superficie utile che forse valgono quanto sono stati pagati.
Ma se il Palazzo è stato pagato poco o molto non è cosa che ci riguarda la cosa che fa riflettere è che l’acquirente non è barese. I baresi ormai preferiscono da anni vegetare all’ombra dei Palazzi della politica che promettono facili arricchimenti a pochi e impoverimento progressivo e certo per tutti gli altri. Invece la provincia (non solo Altamura cui va un riconoscimento speciale) è molto più dinamica -per fortuna- e riesce a fermare la ulteriore colonizzazione della finanza nordica e estera.
Probabilmente perché la provincia ha conservato un maggiore protagonismo delle singole imprese e delle singole persone; lì si pensa ancora che si possa -lavorando e utilizzando e valorizzando la propria cultura millenaria- crescere e conquistare i mercati anche lontanissimi con l’orgoglio anche solo del proprio pane! Hanno una considerazione di se e un rispetto per le precedenti generazioni e per quello che ci hanno lasciato molto più elevato. Mentre a Bari è stata introdotta una economia a trazione politica che ha disprezzato i propri street food e i propri commercianti per tentare di sostituirli con Eataly -o cose simili- e i baresi hanno consegnato le chiavi della propria città a gente che la disprezza e che esibisce la nostra focaccia e i nostri allievi come elemento di colore locale che serve a fare voti e non come sostanziale motore dello sviluppo e della crescita dell’autostima popolare.
Quindi questa vendita che salutiamo con estrema gioia e con un sincero augurio per i nuovi proprietari, rappresenta un fallimento totale della gestione politica economica cittadina dei passati lustri.
Ad evitare che anche il Petruzzelli venga tolto ai legittimi proprietari come accaduto per il Kursaal, i nostri politici è bene che se ne vadano senza ulteriori indugi e i baresi imparino a non fidarsi mai più di chi non conosce, non capisce e non condivide la nostra identità e fa solo finta di parlare il nostri idioma solo per ragioni elettorali.
CANIO TRIONE