È tempo di restare tutti uniti. In campo c’è la nostra nazionale, ma soprattutto quegli spareggi mondiali che costituiscono l’ultimo treno per essere in Qatar a dicembre prossimo: non il massimo – anche qui – per parlare di diritti umani, ma ci concentreremo in questo editoriale solo su aspetti calcistici. C’è che la nazionale non arriva nel momento migliore a questo appuntamento: infortuni eccellenti, assenze notevoli, qualche inedita scommessa e confortanti recuperi. Come assemblare il gruppo? Di sicuro sarà bene dimenticare completamente la parentesi degli europei: oggi è un altro giorno, con altre priorità. E la fame dovrà essere quella dei tempi migliori, sia pure accompagnata da vari interrogativi. Mancini non avrà con sé Balotelli, così come nemmeno Chiesa o Spinazzola. Ritrova Lorenzo Pellegrini (se è quello visto contro la Lazio ben venga), cercherà di lanciare Joao Pedro: la mossa che non t’aspetti arriva dal Cagliari, impegnato in una faticosa lotta per non retrocedere. Quindi Politano, Zaccagni, Raspadori, Scamacca. Per tutti loro una grande occasione da sfruttare. Serviranno il gioco, le idee, la grinta. Anche voglia di riscatto, nel caso di chi come Jorginho sembra aver ripreso un certo feeling coi rigori. Ora non si scherza più.
Si comincia a Palermo, contro la Macedonia di Pandev che ancora sogna una favola dopo aver partecipato agli ultimi europei. Poi, se tutto va bene, in finale ci aspetterà una tra Portogallo e Turchia: giocando fuori casa non uno scenario migliore, essendoci atmosfere calde e passionali in entrambi i paesi. Senza dimenticare, nel caso dei lusitani, la tecnica: Cristiano Ronaldo conosce bene il calcio italiano, ma non solo. L’assenza di Pepe causa covid può venire incontro, ma la tecnica non fa difetto ai portoghesi. In questo momento forse è sulla carta leggermente superiore. Ma la palla è fortunatamente rotonda.
Andare ai mondiali si deve. Per evitare il bis della triste era di Ventura, per riaffermare il primato in Europa, per allontanare critiche e spettri di chi sostiene che l’estate scorsa sia stata solo una felicissima parentesi, un caso. Ma anche per mettere a tacere chi sostiene, come Al-Thani, che la Serie A non meriti investimenti perché rappresentata da club incapaci di vincere qualcosa in campo internazionale. Gli azzurri devono tornare ad essere una squadra di club: solo così i proclami di Mancini potranno avere un fondamento. Non ci sarà un domani, conta l’oggi.
DOMENICO BRANDONISIO