Scienziati tedeschi hanno voluto determinare se l’uso di cannabis possa avere un impatto sullo sviluppo del diabete di tipo 2, ovvero quello che di solito si evidenzia in età adulta. Lo studio è stato condotto sui dati relativi a 180.000 persone e a 74.000 pazienti diabetici, e non ha portato a prove che la canapa abbia un ruolo causale nello sviluppo del disturbo.
La rivista medica Cureus ha pubblicato uno studio effettuato su circa 57.000 persone riguardante la relazione sull’uso di cannabis e la possibile diagnosi di malattie cardiovascolari. I ricercatori oggi hanno trovato che, “dopo aver controllato per diverse variabili confondenti, c’era una diminuzione nella prevalenza di eventi cardiovascolari con l’uso di marijuana”. Essi concludono che: “Il nostro studio ha rilevato che non vi è alcun legame con l’uso di marijuana e un aumento delle malattie cardiovascolari.
L’uso di cannabis è associato a miglioramenti clinici nella colite ulcerosa, secondo uno studio controllato randomizzato in doppio cieco svolto in Israele e pubblicato su Plos One. I pazienti ricevevano per otto settimane due sigarette contenenti mezzo grammo di fiori secchi con 80 mg di THC o placebo. Alla fine del periodo si aveva remissione clinica e miglioramento della qualità della vita. Alla domanda sull’effetto del trattamento su sintomi specifici, i pazienti nel gruppo di cannabis riportavano un miglioramento della loro salute generale, dell’appetito, della libido, della concentrazione e riduzione del dolore. Il gruppo placebo non riferiva cambiamenti simili.
Distrofia miotonica. In Canada sono state fatte interviste telefoniche a 72 pazienti con distrofia miotonica tipo 1. Ne è risultato che il 22% dei partecipanti allo studio usava cannabis, e la maggioranza di questi (il 56.9%) la usava per alleviare i sintomi. I maschi avevano il doppio della possibilità di usarla rispetto alle femmine. L’indagine è stata svolta sui registri di 33 centri di prescrizione di cannabis medica negli USA, con i dati registrati dal 18 novembre 2018 al 18 marzo 2020. Si è avuto un totale di 61.379 pazienti. L’età media era di 45,5 anni, il 54,8% era di sesso maschile. La maggioranza utilizzava cannabis prima di avere anche la prescrizione. Le prime tre indicazioni erano il dolore cronico, l’ansia e il disordine da stress post-traumatico.
Sclerosi multipla: un’esperienza danese. In questo studio prospettico osservazionale svolto in Daminarca 28 pazienti con Sclerosi Multipla sono stati trattati con oli di cannabis terapeutica (prodotti combinati ricchi di THC, ricchi di CBD e THC + CBD) e sono stati seguiti durante un periodo di titolazione di quattro settimane. I pazienti sono stati valutati all’inizio del trattamento (Visita 1) e dopo quattro settimane di trattamento (Visita 2). Non è stata osservata alcuna riduzione di disabilità, deambulazione, destrezza o velocità di elaborazione. Gli autori concludono che “il trattamento con oli di cannabis medica è stato sicuro e ben tollerato e ha portato a una riduzione dell’intensità del dolore, della spasticità e dei disturbi del sonno nei pazienti con SM. Ciò suggerisce che gli oli di cannabis medica possono essere utilizzati in modo sicuro, specialmente a dosi relativamente basse e con una titolazione lenta, come alternativa per trattare i sintomi correlati alla SM quando la terapia convenzionale è inadeguata.”
Nessun problema per i trapiantati di fegato. Lo studio di 926 pazienti trapiantati di fegato presso un unico centro per trapianti a Los Angeles non ha dimostrato alcun effetto negativo dell’uso di cannabis.
Uso nel Parkinson: il punto di vista dei pazienti. In Germania si è voluto studiare mediante un questionario la conoscenza generale e l’interesse per la cannabis medica, nonché la frequenza, le modalità, l’efficacia e la tollerabilità della terapia. Rigidità / acinesia, tremore, depressione, ansia e sindrome delle gambe senza riposo sono migliorate soggettivamente per oltre il 20% e la tollerabilità complessiva è stata buona. Il miglioramento dei sintomi è stato segnalato dal 54% degli utenti.
In Italia siamo ancora all’anno zero per quanto riguarda l’uso della cannabis per motivi terapeutici. Tuttavia la cannabis light è stata legalizzata dalla legge 242/2016 ma non mancano delle gravose controversie in merito. La criticità è legata sicuramente al noto regolamento emanato nel 2016, che non chiarisce alcuni punti. Da un’attenta lettura del documento disponibile sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, infatti, non viene riportata in nessun punto la parola “vendita”, il che rende la situazione controversa.
Il regolamento da un lato giustifica la scelta di legalizzare la coltivazione di cannabis con tenori di THC al di sotto dello 0.2% per fini di ricerca e di informazione in merito alle proprietà dei principi attivi privi di effetto stupefacente, ma d’altro canto presuppone anche la possibilità di produrre degli alimenti o altri derivati della cannabis light. A tal proposito, dunque, è lecito chiedersi perché consentire la produzione di alimenti a base di Cannabis sativa L. per poi vietarne la vendita, soprattutto visti i risultati di oltre un decennio di studi da parte della comunità scientifica che affermano gli effetti benefici dei composti privi di effetto stupefacente ricavati dalla pianta. Per conoscere l’esatto destino della cannabis in Italia, dunque, è necessario attendere ulteriori chiarimenti in merito alla legge 242 del 2016, nella speranza che tutti i punti oscuri vengano chiariti in maniera inequivocabile. (Fonte fuoriluogo.it)
Franco Marella